
Il 22 aprile scorso l’Unesco ha ufficializzato l’ingresso del Parco Nazionale dell’Aspromonte nella Rete Mondiale Global Geopark Unesco. Il procedimento per questo prestigioso riconoscimento è nato nel 2017, ma in molti credevano che non fosse percorribile. Abbiamo intervistato Giuseppe Bombino, docente di Agraria e presentatore della candidatura in qualità di presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte dell’epoca.

Come è partito tutto?
Da pellegrino, escursionista e ricercatore, ho sempre ritenuto che la Natura dell’Aspromonte e, più in particolare, la sua geologia, dovessero essere intese come una profezia. L’Aspromonte è molto di più di un territorio montuoso: è un’idea svincolata da confini stabili. È una materia liquida e terranea, uno sforzo immateriale capace di divenire antropologia, cultura, filosofia, ambiente, sostanza minerale e vegetale. Insomma, l’idea del Geoparco, in realtà, non è stata pensata come se dovesse essere contenuta in un perimetro fisico, amministrativo, ma libera, aperta. Infatti, se ci pensiamo, sulla evoluzione geodinamica di questo massiccio si è intestata, nei millenni, la vicenda umana e culturale dei popoli del Mediterraneo, da cui si è formato il processo di definizione e costruzione di un paesaggio naturale e culturale pressoché unico. La candidatura dell’Aspromonte fu avanzata nel 2017 di fronte al Presidente della Rete Mondiale dei Geoparchi, il greco Nikolas Zouros ed al Coordinatore Nazionale Aniello Aloia, con una relazione che evidenziava la singolare genesi e la straordinaria geodiversità del Massiccio. Eravamo in pochi a crederci. Ma è stato proprio da quella prima audace relazione, rigorosa nei suoi contenuti scientifici, che è cominciato questo avvincente cammino.
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